Innovazione quella sconosciuta

Schermata 2021-03-08 alle 18.12.32.png

Se ci affidiamo al vocabolario più utilizzato del mondo (non me ne vogliate ma senza ombra di dubbio questo è Google), l’innovazione viene definita come “l’introduzione di sistemi e criteri nuovi”.

 

Se cerchiamo invece in un vocabolario “vero” come lo Zanichelli, ci viene riportata la seguente definizione: “l’atto, l’opera di innovare, cioè di introdurre nuovi sistemi, nuovi ordinamenti, nuovi metodi di produzione e simili”.

 

Da queste definizioni sembra che l’innovazione sia sempre connessa con il nuovo. E così è.

Ma dal mio punto di vista, c’è ancora l’assenza di una condizione più che necessaria.

 

Si tratta di un elemento così importante, la cui mancanza mi fa pensare che non è un caso se questa parola, innovazione, sia sulla bocca di tutti. È una mancanza così importante, che permette a qualunque soggetto, dotato o meno di competenza ed esperienza, di utilizzarla indistintamente senza effettivamente rendersi conto dell’avvenuta innovazione o meno.

 

Ma qual è questo elemento che fa la differenza?

Per spiegarvelo userò la definizione che uso dalla mia tesi di Laurea Triennale in Economia Aziendale risalente al 2009,

Innovazione è qualsiasi cambiamento che porti ad un miglioramento”.

 

Considerando che in questa definizione a differenza delle altre non è esplicita la parola nuovo, il focus è dato da altri due termini, cambiamento e miglioramento, che intrinsecamente ci fanno capire come:

·      il nuovo è presente grazie al cambiamento di ciò che abbiamo;

·      il miglioramento si può avere grazie al cambiamento.

 

Ed è proprio l’indagine di questo cambiamento che fa la differenza: l’utilizzo di indicatori di performance per capire:

1.     come siamo passati da una situazione A ad una situazione B

2.     se effettivamente ci sia stato un miglioramento tra le due situazioni.

 

Eh si, cari lettori, ripartiamo da dove c’eravamo lasciati nell’ultimo articolo: se non utilizziamo gli Indicatori di Performance non riusciremo mai a capire se abbiamo realmente innovato o meno.

 

Per questo motivo è importante che vengano scelti indicatori che ci restituiscano lo stato dell’arte effettivo della situazione e non indicatori vanitosi che poi non contribuiscono all’avanzamento o al miglioramento del nostro progetto. Anche perché è un attimo utilizzare la parola innovazione senza dati alla mano ed essere conseguentemente presi per fuffologi (cercate su Google per capire cosa intendo per questo termine!).

 

Ecco il perché ho scelto questo titolo, Innovazione quella sconosciuta, conscio del fatto che tanti professionisti e aziende si riempiano la bocca con la parola “Innovazione” senza effettivamente conoscere cosa essa sia, senza considerare il fatto che per innovare sia necessario passare da un punto  A a un punto  B, e che in tale passaggio (quantificato con i KPI) ci sia stato un miglioramento.  

 

La seconda motivazione per la quale ho scelto questo titolo è invece legata ad uno dei tanti problemi del nostro paese tra gap strutturali, tecnologici e imprenditoriali: la spesa per ricerca e sviluppo (1,35 per cento del PIL nel 2017) è inferiore alla media UE (2,06 per cento del PIL); e sappiamo bene che le cose dal 2017 a oggi non sono cambiate tanto: “l’Italia soffre di un ritardo significativo nei confronti della media europea sia in termini di risorse dedicate alla ricerca e sviluppo (R&S), sia in termini di risultati prodotti dalla ricerca stessa, ad esempio il numero di brevetti per abitante”.

 

L’innovazione è infatti strettamente correlata con la spesa nazionale in Ricerca & Sviluppo, questo è uno degli indicatori che fanno capire quanto effettivamente un’azienda stia, se non altro, provando ad innovare.

 

Attenzione, attenzione! Nessuno ha mai detto che si tratti di una cosa semplice, anzi, anche perché negli ultimi 12 mesi sono accadute tanti di quegli eventi che ci hanno permesso di aprire un po’ gli occhi…

...pur non essendo un esperto, mi piace scrivere che il 2020 è arrivato come una grande onda per un surfer. Una grande onda è un evento così raro che ogni surfer non sa se volerla incontrare o no nella propria vita.

 

Così, trovandoci su questa grande onda fuori dalla nostra comfort zone, ci siamo resi conto di tante cose: il mondo lineare che avevamo disegnato, che ci avevano raccontato e a cui eravamo pronti, non esiste. Quell’insieme di onde lineari che ci avevano insegnato alle lezioni teoriche di surf, non esiste.

 

Come operatori di un difficile ecosistema imprenditoriale (quello italiano), ci siamo infatti resi conto che anche il modo con cui abbiamo condotto il nostro surf durante questi anni, probabilmente doveva cambiare.

 

Ci siamo resi conto della necessità di cambiare il nostro approccio, della necessità di far evolvere la nostra cultura organizzativa e il nostro modello di business, alla ricerca di una configurazione efficace, dinamica e camaleontica, che ci permettesse di portare avanti i nostri obiettivi aziendali anche in condizioni «liquide».

 

Ci siamo resi conto della necessità di cambiare per migliorare (e non di innovare direttamente!)

 

Pertanto ci siamo rimboccati le maniche: abbiamo preso coscienza del fatto che l’innovazione sia bricolage e che essa guadagni dall’incertezza, dal learning by doing e dalla prevalenza della pratica sulla teoria.

 

Siamo diventati consapevoli del fatto che i cambiamenti che stiamo vivendo siano stati semplicemente acceleratori di un qualcosa di inevitabile, ma soprattutto ci siamo resi conto che, dopo aver superato i problemi iniziali, siamo in grado di sfruttare le opportunità contingenti che ogni ostacolo offre, ri-pensando al nostro presente e soprattutto al nostro futuro.

 

Per questo è arrivato il momento di provare ad «abbracciare questo cambiamento», lavorare con un nuovo approccio, cercando di quantificare e programmare la performance e l’execution quotidiana, e poi come diceva Ignazio di Loyola “Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio”, dare il meglio e sperare in qualcosa di più grande per i risultati.

 

Per quanto mi riguarda la speranza è viva: i tempi sono durissimi, soprattutto da un punto di vista imprenditoriale, ma la pandemia ci ha messo davanti a grandi prove e a grandi opportunità in cui possiamo cambiare e potenzialmente migliorare, sicuramente evolverci.